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Girovagando intorno al comune di Cutrofiano, nella splendida cornice dei fertili campi che circondano Cutrofiano, è facile imbattersi nei resti dell'antico casale di Piscopìo. Altri documentiPersone importantiProv. di Lecce
Alla scoperta degli antichi casaliGirovagando intorno al comune di Cutrofiano, nella splendida cornice dei fertili campi che circondano questo centro salentino, è facile imbattersi nei resti dell'antico casale di Piscopìo. Situato lungo la vecchia strada che, da Cutrofiano, porta a Supersano, il casale ha origini sconosciute; in realtà anche la sua presenza, oggi limitata ad una cripta, una parte dell'antica chiesa ed alcune tombe, è sconosciuta ai più ed è uno dei tanti casi dove le incursioni turche e l'aratro dei contadini hanno, insieme, contribuito alla scomparsa delle antiche testimoniante. Le ultime informazioni certe su questo casale risalgono al 1267 quando il re, Carlo d'Angiò, nella riorganizzazione dell'assetto finanziario dello stato, ordinò il censimento dei casali e delle città soggetti a contribuzione. Nell'elenco dei tassati compare il nostro Piscopìo che, molto probabilmente, in quel tempo, era un possedimento rurale della chiesa Otrantina ed a questa appartenenza deve sicuramente il nome di Casale Episcopii. Tuttavia, a causa della fertilità dei campi che lo circondano, non è difficile credere che la presenza umana in questi luoghi si perda nella notte dei tempi. Recenti ritrovamenti, infatti, confermano la presenza umana sin dall'epoca romana anche se la parte più cospicua dei ritrovamenti è facilmente databile dopo l'anno mille. In quel tempo il casale aveva ben due chiese, San Giovanni e San Nicolò; di quest'ultima, completamente scomparsa, è possibile oggi vedere solo il tracciato di un muro, il luogo dove insisteva il fonte battesimale ed alcune tombe scavate nella roccia tufacea. Attorno al 1350 il feudo fu concesso a Guglielmo delle Bilance; nel 1480, al tempo della conquista turca di Otranto, lo possedeva la famiglia De Monti, feudataria di Corigliano. I De Monti furono impegnati in prima persona nella campagna militare avviata per la liberazione di Otranto, tanto che, nel 1481 erano in testa alle truppe aragonesi nella sanguinosa battaglia di Minervino. Ai De Monti, nel '600, successero i Trane e, a questi, i Del Duce, sino a giungere ai Guarini, feudatari di Cutrofiano, verso il 1750. In questo periodo si accresce lo sfruttamento agricolo del luogo che poteva contare, oltre che sulla fertile terra, anche su un grande cisternale, due masserie ed un ampio frantoio ipogeo. Particolarmente interessante è il frantoio ipogeo o, almeno, ciò che resta, visto che, ancora oggi, queste strutture sono oggetto delle attenzioni di moderni predoni. L'ambiente sotterraneo del frantoio, raggiungibile attraverso una lunga scalinata ricavata nel tufo, è molto ampio, riuscendo a contenere, oltre ai lavoratori e gli animali, necessari per azionare le macine, ben dieci torchi, ripartiti cinque per lato, gli ambienti per mangiare e dormire, i depositi e la stalla. La vita, nel frantoio, era particolarmente dura e veniva svolta in completo isolamento dal mondo esterno. I frantoiani vi si ritiravano per tutto il periodo della lavorazione delle olive e ne uscivano solo quando tutto era terminato; qui consumavano i loro pasti, dormivano, vivevano. Il frantoio di Piscopìo ha svolto il suo compito sino alla fine del '700, quando fu abbandonato, soppiantato da frantoi più moderni e rispondenti alle nuove norme igieniche introdotte sul finire del secolo. La chiesa rurale di San GiovanniNel territorio del Casale di Piscopìo, è possibile ancora oggi vedere i resti dell'antica chiesa rurale e l'annessa grotta di S. Giovanni Calavita, un Santo orientale dedito alla meditazione ed all'eremitismo. La Cripta è sovrastata da ciò che resta della chiesa; ad un paio di metri dal muro e rivolto a nord, si apre l'ingresso della grotta. Probabilmente, la costruzione, di cui oggi rimane la parte orientata a ponente, aveva la forma della tipica chiesa bizantina a Croce greca, orientata, secondo la tradizione ortodossa, da est ad ovest. Pertanto, ciò che resta è uno dei quattro bracci della chiesetta che, in un tempo ormai lontano, era il luogo di culto di questo antico casale. Come anticipato, a destra del braccio superstite si apre la cripta, scavata nella roccia sedimentaria. Il suo ingresso, contrariamente a quanto si riscontra in costruzioni e cripte analoghe, è rivolta a nord. Questo particolare lascia pensare che l'accesso alla cripta era, in tempo, interno alla chiesa e, precisamente, a sinistra dell'altare. Il crollo dei tre bracci che formavano la pianta originaria hanno, quindi, realizzato ciò che è giunto sino a noi. Una stretta scaletta, anch'essa ricavata nel tufo, conduce ad un piccolo ambiente di forma quasi circolare, al cui centro si erge una sorta di pilastro che, un tempo, doveva avere il compito di sostenere il lastrone di copertura. Oggi il pilastro è tagliato alla sommità ed il contatto col soffitto è demandato ad alcuni mattoni che non aggiungono certo sicurezza alla staticità del luogo. La cripta di San Giovanni, purtroppo e come altri luoghi simili del Salento, versa in cattive condizioni. Anche se visitabile, buchi e crepe apertesi nel lastrone di roccia che funge da tetto provocano, durante i periodi di pioggia allagamenti che hanno contribuito a far perdere traccia degli affreschi che, un tempo, la arricchivano. Documento creato il 26/05/2003 (18:43)Ultima modifica del 09/03/2011 (13:56) Area di StampaUltimi aggiornamenti...Fotorassegne |
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