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Parco naturale di Porto SelvaggioNon è la prima volta che, su Japigia, dedichiamo dei documenti al Parco Naturale di Porto Servaggio, in agro del comune di Nardò: con i suoi quasi 1000 ettari di superficie è uno dei parchi naturali più grandi della nostra regione ed insiste su un'area di straordinario interesse storico – naturalistico. Il percorso proposto dallo Studio Ambientale Avanguardie con la guida di Salvatore Inguscio, si sviluppa lungo quasi tutta la costa del parco, partendo dalla rotonda di Santa Caterina, ai piedi della rupe della Torre dell'Alto per raggiungere, dopo circa 12 chilometri la torre di Sant'Isidoro e le sue spiagge di sabbia finissima, accompagnati da panorami incantevoli, scogliere incredibili, grotte e torri di enorme importanza storica. Il percorso comincia con la salita su per la rupe denominata, in passato, del Salto della Capra o della Dannata; sul lato di questo costone roccioso che volge a meridione, si apre una delle tante grotte di porto selvaggio: la Grotta del Capelvenere. La Grotta del CapelvenereCosì denominata per via della presenza dell'omonima felce, i cui sottili steli ricordano, appunto, dei capelli, è una delle grotte più conosciute della località balneare di Santa Caterina. Qui, sino a qualche anno fa, si teneva un folcloristico presepe vivente, abitudine, purtroppo, ora desueta. Ma la grotta non è famosa solo per questo evento religioso; scavi archeologici condotti qui dall'Università di Firenze, hanno portato alla luce molti reperti appartenenti al periodo Neanderthaliano, che va da 130.000 a 30.000 anni fa. La grotta è abbastanza ampia, costituita da un grande ingresso e da un'unica, grande, camera; due enormi eucalipti posti a destra e sinistra dell'ingresso, sembrano due grandi colonne monumentali. Fuori, l'incantevole panorama della costa e, sullo sfondo, la sagoma di Gallipoli immersa nella nebbia mattutina. Solo qualche minuto per riflettere e scattare qualche foto che, piccole scalette ricavate nella rocciosa collina ci portano... al piano superiore! La Torre dell'AltoAnche se Torre dell'Alto è stata già protagonista dei nostri documenti è, comunque, utile tornare in argomento, non fosse altro per la bellezza del luogo su cui questa torre insiste: uno sperone roccioso di una cinquantina di metri noto con il nome di Salto della Capra o della Dannata. Nomi pieni di fantasia ma che rendono benissimo l'idea! I cinquanta metri di altezza regalano il brivido di una scogliera a picco sul mare con un meraviglioso panorama del parco di Porto Selvaggio a nord e della costa gallipolina a sud. In particolare, il secondo nome sembra sia legato ad una leggenda che narra la triste storia di una ragazza del popolo che, per sfuggire allo jus primae noctis (cioè il diritto vantato, nel tardo medioevo, dai signori di passare la prima notte di nozze con le giovani donne del luogo che avevano appena contratto matrimonio), trovò la morte gettandosi a capofitto da questa rupe che, dal suo gesto, prese il nome di Salto della Dannata. La pinetaOggi una folta pineta ricopre questo sperone roccioso; i pini d'Aleppo hanno sostituito il bosco di querce che, tanti secoli fa ricoprivano Porto Selvaggio e l'intero Salento. Tra gli alberi di pino si intravvedono, oggi, alcune basse collinette che delimitano l'area terminale del promontorio sovrastato dalla torre. Si tratta di ciò che rimane del perimetro murario di un antico villaggio dell'età del bronzo. Questo muro ed i costoni rocciosi facevano da protezione al nucleo abitativo del quale, oggi, non resta traccia. Oltre le collinette, dopo un centinaio di metri, si erge la masseria fortificata di Santa Maria dell'Alto. La masseriaIl nome è dovuto al fortuito ritrovamento di un'icona bizantina portata qui dai monaci Basiliani durante la lotta iconoclasta scatenata, nel 726 d.C., dall'imperatore bizantino Leone III l'Isaurico, chiamato così perché originario dell'Isauria, una regione della Cilicia. La sacra immagine della Vergine è tuttora conservata nella cappella della masseria che, da questa, trae appunto il nome. La masseria fu costruita intorno al 1400 ed è appartenuta, nei secoli, a diverse famiglie nobili di Nardò. Non è visitabile e gli unici elementi visibili sono un grande muro a secco ed una torre rossa quasi in stile moresco a protezione dell'ingresso. Documento creato il 02/01/2007 (10:14)Ultima modifica del 18/03/2011 (15:32)
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