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Scogliere e torri

Impervie scogliere

torre dell'orte

I dintorni di Otranto offrono ottimi spunti per interessanti percorsi di trekking a stretto contatto con la storia e la natura; si passa dalle lunghe spiagge a nord della cittadina alle impervie scogliere della costa sud.

Il percorso, sviluppandosi tra scogliere a picco sul mare, richiede attenzione e presenta discrete difficoltà; alla guida del gruppo, come al solito, Salvatore di Avanguardie.

Partenza: Torre dell'Orte

Conosciuto ai nostri tempi come Masseria dell'Orte, il fortino fu costruito per scopi difensivi intorno al 1568 da maestranze otrantine, allo scopo di mantenere il controllo sulla costa. La torre, ben più alta di quanto lo sia oggi, era in collegamento visivo con la torre del serpe a nord e la Torre Palascìa a sud.

torre del serpe

Nel 1826 il fortino fu destinato ad altri usi e alla sua costruzione principale furono aggiunti ovili e stalle; da qualche decennio è in totale stato di abbandono, mentre il luogo è frequentatissimo da pescatori dilettanti che trovano queste acque estremamente ricche a causa di un particolarissimo gioco di correnti.

Sotto la Torre dell'Orte si apre la grande porta della Grotta Palommara, così chiamata per il gran numero di colombi che erano soliti abitarla; sullo sfondo, nella foschia di questo giorno dicembrino, la sagoma bluastra della Torre del Serpe.

Ma la torre non è l'unico esempio di architettura militare di questo posto: durante l'ultima guerra furono costruite, seminascoste dalle rocce, trincee e ambienti sotterranei in grado di scongiurare eventuali pericoli provenienti dall'altra parte del mediterraneo. Purtroppo queste strutture sono ormai fatiscenti e, essendo pericolanti, ne è stato impedito l'accesso.

Le scogliere

spiaggia della palascia

Lasciata Torre dell'Orte, il percorso procede lungo una vasta pianura che, dopo aver superato alcune piccolissime spiagge incastonate tra l'arenaria, ci avrebbe accompagnato lungo i ripidi sentieri della scogliera della Palascìa.

le scogliere della palasciaSi tratta di un percorso di alcuni chilometri che si districa a circa metà della scogliera: trenta metri più in basso il mare ed alcuni folti gruppi di pescatori mentre cinquanta metri più su delle scogliere a strapiombo e la strada litoranea.

Il luogo è carsico e profondamente segnato dallo scorrere dell'acqua che, nei millenni, lo ha letteralmente disciolto, creando grotte e caverne di inaspettata bellezza. E' il caso, ad esempio, della Grotta Manhattan, una caverna sottomarina scoperta qualche anno fa da un gruppo speleologico neretino che presenta la caratteristica di avere stalattiti di origine animale: coralli ed altri organismi hanno contribuito a creare formazioni di straordinaria bellezza.

Ma gran parte delle grotte sono state abitate dagli uomini nella preistoria; in quei tempi, la linea di costa era ben più lontana e la grande disponibilità di acque favorì gli insediamenti umani. Recenti scavi archeologici condotti in alcune grotte hanno portato alla luce reperti databili tra i 70.000 ed i 100.000 anni.

Punta Palascìa

il faro della palasciaDopo il percorso letteralmente in bilico tra la roccia ed il mare sottostante, si raggiunge Punta Palascìa, il promontorio più orientale d'Italia, sormontato dall'omonimo faro.

La scogliera è alta circa 90 metri e la sua posizione permette di scorgere, nelle mattine di chiara atmosfera, le montagne innevate dell'Albania e le isole greche più settentrionali.

L'eccezionale posizione non era sfuggita neanche agli architetti militari di Carlo V che, intorno al 1560 costruirono qui l'omonima torre, circa 30 metri più in alto rispetto al faro. Scomparso il pericolo turco, la torre fu abbandonata a se stessa e, dopo poco, divenne un rudere.

Il rudere fu completamente abbattuto e, nel 1869, vi fu costruito l'attuale faro, dotato di un'ottica straordinaria per quei tempi. Costruita in Svezia ed assemblata a La Spezia era in grado, grazie ad una lucerna a petrolio, di farsi scorgere a ben 9 miglia dalla costa. Un capo faro e due manovali si davano da fare per alimentare la lucerna che aveva bisogno di due ricariche al giorno: salire gli scalini dell'interminabile scala a chiocciola con in più il peso del combustibile non doveva essere certamente piacevole! Con l'avvento dell'energia elettrica, l'ottica fu nuovamente sostituita e le cose cambiarono non poco.

Oggi i fari quasi non servono più: GPS, satelliti e radiofari permettono una sicura navigazione strumentale e così il faro della Palascìa è stato abbandonato. Dopo anni di abbandono, finalmente, il comune di Otranto ha acquistato il monumento ed effettuato alcuni lavori di sistemazione; sembra si voglia realizzare un museo.

Ma questo impervio promontorio è importante per un altro motivo: qui la distanza tra la costa italiana e quella albanese è minima: questo è il punto dove le acque dell'Adriatico cedono il posto alle profonde acque dello Ionio.

San Nicola di Càsole

san nicola di casole

Lasciato il faro, si ritorna nella campagna idruntina; strade sterrate si aprono tra campi coltivati e pascoli immensi; siamo sul confine settentrionale della grande Valle dei Cervi, famosa per gli importanti ritrovamenti archeologici e alle pitture murali dell'omonima grotta (la Grotta dei Cervi).

Vale la pena fare una piccola deviazione per raggiungere un'antica strada, probabilmente romana, che, dritta come un fuso, ci conduce a ciò che resta dell'antico monastero di San Nicola di Càsole.

Antico monastero basiliano, costruito dai normanni intorno al 1068, fu, per secoli, il principale centro culturale del mediterraneo; tra le sue mura, un gran numero di monaci copiavano e catalogavano gli antichi testi, preservandoli e custodendoli. Qui seguì una parte dei suoi studi un illustre salentino, Antonio Ferraris (il Galateo), che ebbe, dunque, una formazione greca.

Purtroppo, per Càsole il tempo si fermò in quel lontano agosto del 1480, quando le orde dei turchi distrussero e bruciarono tutto ciò che questo insediamento Cristiano rappresentava; i monaci si dispersero per sfuggire ai barbari invasori. La riconquista cristiana dell'anno successivo non riuscì a riportare il monastero basiliano alla sua antica grandezza.

Oggi è proprietà privata e non è possibile visitarlo. Anzi, gli attuali proprietari, che conducono qui un'azienda agricola, non amano neanche turisti e visitatori e, addirittura, qualche tempo fa misero in vendita il monumento. Solo la vibrata protesta di associazioni di cittadini e dello stesso comune impedirono che una tale testimonianza storica, che dovrebbe essere restituita agli Italiani, passasse di mano.

Il lago di bauxite

il lago di bauxite

Ultima tappa del trekking è l'incredibile ambiente creato da una grande cava di Bauxite, il minerale da cui si estrae l'alluminio.

Pochi, forse, sanno che delle poche miniere da cui in Italia si estraeva la bauxite ben due si trovano nel Salento. Il materiale, infatti, estratto da qui e dalla cava nei pressi di Poggiardo, tramite il porto di Otranto, veniva trasportato a Marghera per le successive lavorazioni. Si è lavorato così per vent'anni, a partire dal 1940; successivamente, a causa del processo particolarmente costoso e del basso tenore di alluminio, si è preferito abbandonare l'estrazione.

Di quell'immane lavoro resta, oggi, un'incredibile ambiente che, col suo colore rosso caratterizza questa parte della costa otrantina; una sorgente d'acqua, incontrata dallo scavo, ha creato in fondo al cratere un lago dal magnifico colore verde che ha fatto nascere un ambiente unico, meta di un gran numero di turisti e visitatori.

Documento creato il 18/12/2006 (11:29)
Ultima modifica del 11/03/2011 (18:12)

 

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