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Altri documentiProv. di Lecce
Tra Otranto e Santa CesareaPorto Badisco, quasi un fiordo che, serpeggiando, si incunea nella costa al confine tra i comuni di Otranto e Santa Cesarea Terme, è certamente una delle località più belle e interessanti del Salento. La piccola rada -il termine badisco starebbe ad indicare proprio questo- è un gioiello incastonato in scogliere di aspra bellezza, impreziosito dai pochi metri di sabbia finissima dove ha termine un profondo canalone carsico. Saranno proprio i canaloni di Badisco e le masserie, le torri, le grotte, le specchie e le bellissime campagne di questa parte della Terra d'Otranto il teatro del percorso di trekking, condotto, come di consueto, da Salvatore Inguscio. Il centro abitato della marina è piccolo e praticamente deserto durante i mesi invernali; le abitazioni si adagiano tra la spiaggia e l'incrocio che porta al paese più vicino, Uggiano la Chiesa, quasi a poggiarsi lievemente sulle ultime propaggini della collina che nasconde il primo canalone che avremmo attraversato. Dalla collina lo sguardo spazia su gran parte dell'orizzonte, oggi coperto di nubi che un forte vento di tramontana porta a passeggio per il cielo; in fondo, dopo il mare, le cupe sagome dei monti d'Albania. Ma è solo un attimo: il percorso si fa più interessante passando per il fondo del principale canalone di Porto Badisco, quello che si conclude con la piccola spiaggia. E' un passaggio quasi obbligato, visto che sulla sua parete sud si apre la prima delle grotte di oggi: la Grotta del Mammino. La Grotta del MamminoLe aperture della grotta -sono quattro, più o meno grandi- si aprono a circa mezza altezza, quasi del tutto nascoste da rovi e da felci; l'ingresso è piccolo e costringe i visitatori quasi a piegarsi in due per entrare. Al contrario, la grotta è abbastanza grande da contenere quasi tutto il gruppo. E' ormai una grotta fossile, dove non ci sono più stalattiti e stalagmiti a far bella mostra di se e per terra ci sono i segni di coloro che, in tempi recentissimi, l'hanno usata come bivacco. Una delle aperture, che porta in alto, è coperta dai rami di un enorme albero di fico la cui radice, contorta come una serpe, arreda con originalità l'interno. Come gran parte delle grotte di queste contrade, la Grotta del Mammino è stata abitata dai nostri progenitori; saggi condotti al suo interno da studiosi hanno confermato l'esistenza di antichi insediamenti umani. Non bisogna dimenticare che, a poca distanza da qui, è stata scoperta la Grotta dei Cervi che con le sue incredibili pitture parietali è un luogo unico nel suo genere. Il fenomeno carsicoMa pietre, grotte e canaloni non sono altro che i segni di un fenomeno che da milioni di anni modella le terre salentine: il carsismo. Il Salento, infatti, è costituito prevalentemente di rocce calcaree: l'acqua con il suo continuo lavorio le scioglie, le sgretola, creando le grotte ed i canaloni che movimentano il territorio. Con il tempo, purtroppo, le rocce si spaccano e le grotte crollano: ne nascono le pietre che i salentini, in migliaia di anni, anno accumulato per realizzare i caratteristici muri a secco, i furnieddhi, le specchie e tutta quella gran quantità di elementi che arricchisce le nostre campagne e di cui, oggi, si conosce poco o niente. L'edificio misteriosoDopo aver lasciato il canalone, il percorso prosegue tra rigogliose campagne, dove i campi di grano si alternano agli ulivi e a ciuffi di lecci, sparuti superstiti della vegetazione primordiale del Salento. Proprio tra queste campagne ecco sorgere un edificio quasi distrutto del quale non si comprende il motivo della costruzione. E' un edificio lungo circa 15 metri con volta a botte sorretta, in tre punti, da archi a sesto acuto, probabilmente posticci alla costruzione. Il tipico orientamento est-ovest lascia immaginare si possa trattare di una chiesa, ma all'interno non c'è nulla che conferma questa ipotesi ed inoltre le due pareti -est ed ovest- sono crollate mostrando un piano di calpestio interno molto più basso della campagna circostante. Dopo la breve pausa di riflessione sugli ignoti ruderi, il percorso procede verso la Masseria Cippano. La masseria è stata oggetto di un altro documento di Japigia.com, cui si rimanda per un approfondimento; resta comunque un bel monumento alla forza vitale della cultura contadina del Salento: nonostante il pericolo turco, la gente continuava a vivere e lavorare a pochi chilometri da quel mare che dopo gli eventi del 1480 -anno della strage di Otranto- era più infido che mai. Questa ed altre masserie erano, infatti, il luogo preferito per rifornimenti e razzie: i turchi ed i pirati sapevano benissimo che potevano portar via di tutto senza correre alcun rischio; dal canto loro, i vari signorotti locali, insulso simbolo di una inutile aristocrazia, pensavano a far sparire quel poco che rimaneva! La Specchia di Sant'EmilianoLasciata Masseria Cippano il percorso prosegue lungo un'antica strada, probabilmente romana, che, di lì a qualche chilometro, si sarebbe congiunta all'antica abbazia di San Nicola di Casole, di cui abbiamo avuto modo di parlare nel percorso di Trekking Scogliere e Torri, cui si rimanda per un approfondimento. La stradina, indelebilmente segnata dalle ruote dei carri che l'hanno percorsa per secoli nel passato, serpeggia tra le rocciose colline; la lasciamo per salire su un'altura che domina tutto il paesaggio circostante e, su di essa, i resti, quasi indecifrabili di una specchia: Specchia sant'Emiliano. Le specchie erano antichi luoghi di avvistamento; si trattava di un accumulo di pietre, di forma prevalentemente tondeggiante, posto sulla sommità di colline. La posizione favorevole permetteva di tenere sotto controllo gran parte del territorio e, in questo caso, un bel tratto della costa Otrantina. Oggi questa specchia è quasi dimenticata e probabilmente ignota ai tanti automobilisti che, giornalmente, percorrono la sottostante strada litoranea. Grotta Sant'EmilianoDall'alto della collina, finalmente, si scende verso il mare, cupo e burrascoso, una ottantina di metri più giù, dove poco distante dalla costa uno scoglio, eufemisticamente chiamato Isola di Sant'Emiliano, rende più interessanti queste pungenti scogliere. Qua e là, in lontananza, le greggi delle vicine masserie movimentano i declivi tra le colline della costa; e proprio le greggi, nei secoli passati, hanno popolato il grande ovile della Grotta di Sant'Emiliano, una caverna non molto profonda che spalanca la sua bocca proprio di fronte al mare. Probabilmente ridimensionata da crolli, un tempo fu molto più grande e, come tante altre della zona, ospitò l'uomo agli albori della civiltà; tuttavia, il calpestio delle greggi e l'uso recente hanno totalmente cancellato quelle tracce. Torre Sant'EmilianoDopo la specchia, l'isola e la grotta ecco anche la torre dedicata al santo armeno; sorge su un costone roccioso a picco sul mare, in una posizione favorevole da cui domina gran parte della costa. Come gran parte delle torri salentine, fu costruita nella prima metà del 1500, per sorvegliare i tratti delle nostre coste soggetti a continue incursioni di pirati e turchi. E' a base rotonda e, al contrario di altre, non ha ambienti all'interno, ma i cavallari salivano nella parte alta grazie ad una scala che veniva rimossa. Nei pressi della torre erano legati i cavalli che i cavallari -gli uomini di guardia alla torre- usavano per andare a dare l'allarme ai paesi vicini. Alla base della torre è ancora possibile vedere un abbeveratoio scavato nella roccia, usato, probabilmente, per conservare l'acqua per i cavalli. Giunti a Torre Sant'Emiliano siamo al termine: in basso, dopo la grande piana che separa il costone roccioso della torre dal fiordo di Porto Badisco, si conclude il percorso in questo incantevole angolo del Salento. Documento creato il 08/02/2007 (12:10)Ultima modifica del 09/03/2011 (16:07)
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